Indipendentisti siciliani e banditismo negli anni ’40

Indipendentisti siciliani e banditismo negli anni ’40

Indipendentisti siciliani e banditismo

di Salvatore Riggio Scaduto
Consigliere Pretore dirigente di Caltanissetta
e Magistrato di Cassazione. Deceduto il 14 gennaio 2015
[ L’articolo è tratto da: “Scritti Ereticali” ]
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Indipendentisti siciliani negli anni ’40

Parlando di indipendentismo siciliano mi capita spesso notare che i miei occasionali interlocutori accomunano gli indipendentisti degli anni ’40 con i banditi e in modo particolare con Giuliano e con i componenti la sua banda.

Poiché tali interlocutori sono giovani che all’epoca del banditismo o non erano nemmeno nati oppure erano appena lattanti, il fenomeno denota chiaramente che c’è stata e c’è una maligna e subdola propaganda di denigrazione dell’indipendentismo e il palese intendimento di non fare conoscere alle giovani generazioni la verità dei fatti che vengono, anzi, deliberatamente manipolati e falsati.

È bene, quindi, dare in proposito un’adeguata risposta a questi ignari scandalizzati e indirettamente ai manigoldi ascari che diffondono tali menzogneri pretesi scandali anziché spiegarci le loro palesi e indiscutibili legami con la mafia e i loro innumerevoli illeciti intrallazzi perpetrati all’ombra del proficuo e redditizio verbo unitario.

Bisogna preliminarmente premettere che è pacifico anche tra i più acerrimi denigratori dell’indipendentismo, e tra tutti gli storici della materia, che il banditismo non fu una emanazione dell’indipendentismo ma ebbe una sua propria e autonoma genesi senza connotazioni politiche di sorta. Il banditismo e tutti i fenomeni umani, sia positivi sia negativi, sono sempre figli autentici dell’epoca in cui insorgono e i padri diretti di tali fenomeni sono i politici che hanno organizzato quel tipo di società.

Nella specie, quindi, la responsabilità primaria del fenomeno banditesco fu la dissennata, gretta e ottusa politica dei reggitori della Stato Italiano di quel tempo e dell’epoca precedente e non c’è dubbio che se Giuliano non si fosse scontrato con quel tipo di Stato, per i fatti del resto a tutti noti, certamente Turiddu Giuliano sarebbe stato un cittadino come uno di noi, cioè a dire un uomo senza storia e senza nome.

Con ciò non intendo scagionare Giuliano delle sue responsabilità, ma intendo accusare lo Stato Italiano dell’epoca che ha saputo creare il terreno favorevole per la nascita e lo sviluppo del banditismo.

La lotta armata dell’indipendentismo

Fatte tali premesse, bisogna rilevare che accadde che gli indipendentisti di quel tempo decisero di organizzare anche la lotta armata per la conquista dell’indipendenza. Se tale decisione sia stata un bene, ovvero un male, è una valutazione politica e storica che esula dalla presente indagine. Sta di fatto che anche gli Italiani dell’800 per conquistare l’indipendenza organizzarono bande armate e misero in atto azioni di guerriglia. Garibaldi, Pisacane, Menotti, i fratelli Bandiera, e altri, non fecero, infatti, questo?

Indipendentisti siciliani

È evidente che la lotta armata indipendentista poteva svolgersi o nelle città o sulle montagne o in entrambi i posti. È altrettanto evidente che la guerriglia urbana, certamente più facile e agevole da condurre, avrebbe provocato inevitabilmente danni, vittime e lutti tra la popolazione, per come del resto è avvenuto con il terrorismo rosso e nero.

Gli indipendentisti responsabilmente scelsero la seconda strada, cioè quella più impervia e difficoltosa della montagna. Quivi regnava il prodotto del malgoverno colonialista italiano dell’epoca, che va sotto il nome di banditismo. Che dovevano fare gli indipendentisti difronte ai banditi padroni assoluti della montagna? Dovevano forse aprire un fronte contro lo Stato Italiano e un altro contro il banditismo? Tale soluzione sarebbe stata pura follia e sicuro suicidio perché avrebbe significato la fine prima ancora dell’inizio.

Quindi fu d’obbligo venire a patti con i banditi, creati, ripeto da “mala signoria” italiana e non dagli indipendentisti, al fine di potere trovare una leale convivenza tra le montagne. Per quanto fu possibile, gli indipendentisti cercarono di sensibilizzare i banditi alla causa siciliana facendo capire che entrambi erano oggetto di una medesima violenza sia pure diversificata. Giuliano recepì tale onesto e sincero messaggio e si comportò lealmente con gli indipendentisti.

Questi sono stati i rapporti tra gli indipendentisti degli anni ’40 e i banditi; questa è la sacrosanta verità dei fatti e sfido chiunque a citare un solo caso in cui banditi e indipendentisti avessero partecipato assieme a rapine, a ruberie e a eccidi per come ieri, invece, hanno fatto i terroristi italiani in combutta con i criminali comuni operanti al di là dello Stretto.

Niente univa gli indipendentisti siciliani ai banditi

Agli storiografi di regime, ingaggiati chiaramente da ben individuate botteghe di partito per vomitare nei loro scritti panzanate di corbellerie, ricordo che il diciannovenne Francesco Ilardi, facente parte dell’Evis (Esercito Volontario per l’Indipendenza della Sicilia), il 22 giugno 1945 assieme ad altri suoi commilitoni nei pressi del monte Soro affrontò i componenti la banda di Giovanni Consoli che infestavano la zona e che, abusando del nome dell’Evis, estorcevano danaro e viveri ai contadini del luogo.

Il valoroso Francesco Ilardi venne mortalmente ferito nello scontro «e spirava poco dopo tra il cordoglio e l’ammirazione di quei contadini i quali ne ricomponevano la salma» come, tra l’altro, si legge nella motivazione della concessione della “Trinacria d’Oro” alla memoria dello stesso.

Ricordo ancora che il noto farmacista indipendentista di Cesarò, Salvatore Schifani, nella primavera del 1945 a Bolo venne sequestrato dal bandito Nino Battiato. È evidente che se gli indipendentisti fossero stati in combutta con i banditi, per come in mala fede certi storiografi politicizzati asseriscono, gli evisti non avrebbero combattuto i banditi e il dottor Schifani non sarebbe stato rapito. Potrei continuare ancora a citare altri casi, ma mi fermo perché questi due esempi costituiscono la prova del nove delle calunniose diffamazioni che si propalano sul conto dell’Evis.

Quindi tutti coloro che diffondono tra le nuove generazioni insinuazioni “di connubio, di simbiosi e di tresche” tra banditi e indipendentisti devono essere smascherati facendo conoscere la verità dei fatti perché si tratta di volgari e loschi imbroglioni, di calunniatori di professione e di asserviti a interessi contrastanti a quelli dei veri e onesti Siciliani.

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