La Sicilia ha rinunciato per sempre all’indipendenza

La Sicilia ha rinunciato per sempre all’indipendenza

Il subconscio dell’elettore palermitano
non ha fatto votare la lista “Siciliani Liberi”.

La voglia di indipendenza è solo teorica o la Sicilia
aspetta ancora un capo che la guidi verso la libertà?

di Angelo Severino ©
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La stampa locale lo definisce “il candidato sindaco indipendentista”. Lo slogan per la sua campagna elettorale è “La Sicilia sarà sempre stato indipendente”. La sua lista è “Siciliani Liberi”, voluta e sostenuta dal prof. Massimo Costa.

Ora qualcuno potrà chiedersi e dire all’Antonio Di Pietro: “E che c’azzecca Massimo Costa, persona abbastanza nota per le sue lotte autonomiste, con l’architetto Ciro Lomonte, uomo di alto valore morale e professionale ma che nessuno conosce come indipendentista?”.

Ebbene sì, c’entra! Perché il suo 1.73% (al momento in cui scriviamo, ma il risultato finale non si sposterà di molto) ha prodotto nell’animo dei Siciliani un segnale forte. Un segnale subminale è stato dato da chi doveva farlo. La sensazione che i Siciliani abbiamo ricevuto sotto il livello della nostra coscienza è stata troppo debole per essere avvertita ma sufficiente a influenzare l’inconscio e a farci quasi disprezzare l’indipendenza della nostra Isola. Con tutto il rispetto dovuto all’uomo Ciro Lomonte, il subconscio dell’elettore palermitano ha fatto non votare la lista “Siciliani Liberi”. Purtroppo la Sicilia continua a rimanere orfana di un vero leader indipendentista che la possa traghettare verso una forte autonomia se non addirittura verso un separatismo vero e proprio.

Lo stesso segnale subminale è stato avvertito sia per la lista di “Noi con Salvini” (che ha ottenuto il 2.63%) sia per il “Movimento 5 Stelle” che con il suo 16,24% è andato sotto ogni sua aspettativa.

La Sicilia, i Siciliani e l’amore platonico per l’indipendenza

Fara Misuraca e Alfonso Grasso sul loro sito “Brigantino – Il Portale del Sud”, in un lungo articolo intitolato “La Sicilia, i Siciliani e l’amore platonico per l’indipendenza”, ci spiegano che non è vero, come da molti è stato scritto, che lo spirito di indipendenza è «una caratteristica peculiare degli isolani e dei Siciliani in particolare».
«In realtà, se analizziamo la storia della Sicilia, sarà facile rendersi conto che così non è; che l’indipendenza – rimarcano con determinata fermezza – è stata sempre una aspirazione teorica mai realmente perseguita, perché sullo spirito indipendentista ha sempre prevalso l’interesse privato di una classe dirigente, quella baronale, che non ha mai avuto remore a “svendere” la Sicilia a chiunque a patto che venissero garantiti e conservati i propri privilegi e soprattutto evitando così di privilegiare con la “sovranità” un casato isolano su tutti gli altri».

«Per strano che possa sembrare, i Siciliani hanno rinunciato per sempre all’indipendenza, a diventare Nazione, proprio all’indomani del Vespro. Quel mitico Vespro, chiamato in causa come simbolo di ribellione allo straniero da chiunque professi qualsiasi forma di sicilianismo».
Dopo un lungo excursus sui vari tentativi dei Siciliani di conquistare l’indipendenza, la Misuraca e il Grasso arrivano al 1943 e scrivono: «Come sempre la voglia di indipendenza risultò ancora una volta solo “teorica”. Tutto rientrò nei ranghi una volta che la mafia verrà tacitamente “accettata” dallo stato per tenere a bada le masse contadine e la solita classe dirigente otterrà una autonomia che servirà a favorire i loro interessi».

E dulcis in fundo: «Dell’uso perverso che si è fatto dell’autonomia ancora oggi paghiamo le conseguenze». La domanda finale è poi questa: «A chi offriremo la nostra “corona” se le attuali spinte separatiste che serpeggiano in Sicilia e in tutto il meridione dovessero avere successo?».

Che dire? A me, come a chi ha veramente a cuore le sorti di una Sicilia indipendente, il cuore diventa piccolo ma tanto tanto piccolo!

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