Lo Statuto siciliano. Ecco chi voleva abrogarlo

Lo Statuto siciliano. Ecco chi voleva abrogarlo

Lo Statuto siciliano e l’Autonomia della Sicilia
stavano per essere cancellati
da un progetto di legge costituzionale.

di Angelo Severino ©

⇒ Maisano Giuseppina, palermitana, deceduta nel 2016, è stata eletta senatrice nella lista “FEDERAZIONE DEI VERDI” nelle politiche italiane del 1992, poi confluita nel Gruppo “Verdi – La Rete”. Era la moglie dell’imprenditore siciliano Libero Grassi, ucciso a Palermo dalla mafia il 29 agosto 1991.

⇒ Rocchi Carla, romana, antropologa, è stata eletta senatrice nella lista “FEDERAZIONE DEI VERDI” nelle politiche italiane del 1992, confluita poi nel Gruppo “Verdi – La Rete”. Oggi è presidente dell’ENPA (Ente Nazionale per la Protezione degli Animali), fondato nell’aprile 1871 da Giuseppe Garibaldi.

⇒ Molinari Emilio, milanese, è stato eletto senatore nella lista “FEDERAZIONE DEI VERDI” nelle elezioni politiche italiane del 1992, confluito poi nel Gruppo “Verdi – La Rete”.

⇒ Procacci Annamaria, romana, è stata eletta senatrice nella lista “FEDERAZIONE DEI VERDI” nelle elezioni politiche italiane del 1992, confluita poi nel Gruppo “Verdi – La Rete”.

⇒ Greco Francesco, siracusano, avvocato, è stato eletto senatore nella lista “PARTITO DEMOCRATICO DELLA SINISTRA” nelle politiche italiane del 1992, confluito poi nel Gruppo “Verdi – La Rete”.

“La Rete”, ricordiamo, fu un movimento di Sinistra fondato a Roma il 24 gennaio 1991 dal palermitano Leoluca Orlando, Nando dalla Chiesa, Claudio Fava, Alfredo Galasso, Carmine Mancuso e Diego Novelli. Nel 1996 aderì alla coalizione dell’ “Ulivo” per poi confluire il 27 febbraio 1999 ne “I Democratici” di Romano Prodi.

La Federazione dei Verdi, con il simbolo del “Sole che ride”, è un partito politico italiano di Sinistra fondato nel 1986. Raggruppò in un unico soggetto politico tutte le Liste Verdi esistenti fino ad allora sul territorio nazionale. Al Senato costituirono il Gruppo “Verdi – La Rete”.

Lo Statuto è cancellato. Una cosa già data per scontata!

Nel luglio del 1992 i cinque Senatori (quattro dei quali eletti nella lista Federazione dei Verdi e uno in quella del Partito Democratico della Sinistra) presentarono, come gruppo “Verdi – La Rete”, un disegno di legge costituzionale che, a dir poco, angosciò per un po’ di tempo gli animi dei Siciliani.

Per Giuseppina Maisano, Carla Rocchi, Emilio Molinari, Annamaria Procacci e Francesco Greco il loro primo pensiero, appena eletti Senatori, fu quello di presentare un progetto di legge costituzionale di poche parole ma ben determinate: “Lo Statuto della Regione siciliana è abrogato”.

In verità, nell’ottobre 1991, qualche mese prima che scadesse la decima legislatura, tre Senatori avevano già presentato al Senato della Repubblica l’identico disegno di legge costituzionale relativo all’abrogazione dello Statuto della Regione siciliana. Questi i tre politici che speravano di abrogare definitivamente la specialità dello Statuto della Regione Siciliana:

⇒ Corleone Franco, milanese, del GRUPPO FEDERALISTA EUROPEO ECOLOGISTA, è stato eletto senatore nelle politiche del 1987. Dal 1963 al 2001 ha fatto politica prima nella Federazione Giovanile Repubblicana e nel Partito Repubblicano Italiano, poi nel Partito Radicale e infine nei Verdi.

⇒ Boato Marco, veneziano, del GRUPPO FEDERALISTA EUROPEO ECOLOGISTA, è stato eletto senatore nelle politiche del 1987. Partecipò ai movimenti studenteschi del 1968 che ebbero origine a Trento. Nel 1969 fondò, assieme ad Adriano Sofri e altri, il movimento politico comunista “Lotta Continua”.

⇒ Greco Francesco, siracusano, avvocato, del Gruppo Comunista, è stato eletto senatore nelle politiche del 1987. Rieletto senatore, nel 1992 ripresentò il disegno di legge costituzionale per abolire lo Statuto siciliano.

Senatori contro lo Statuto siciliano

I senatori che nel 1991 e 1992 presentarono l’identica proposta di legge costituzionale erano tutti politici appartenenti alla Federazione dei Verdi e all’estrema Sinistra (vedi Boato e Greco). Due erano siciliani, due romani, due milanesi e uno veneziano. Tutti con l’unico scopo di eliminare definitivamente l’autonomia siciliana.

Guardando indietro nel tempo

Nel lontano 1861 il presidente del Consiglio dei ministri Camillo Benso conte di Cavour propose di istituire nel nuovo Regno d’Italia le regioni amministrative che definì “le membrature naturali d’Italia”. Egli però morì prima che il suo progetto fosse stato approvato e i suoi successori non riuscirono a concretizzare il suo sogno regionalistico.

Il romano Arturo Carlo Jemolo (ma suo padre era di Ragusa e la mamma piemontese), nel 1944 elaborò per la collana Quaderni del Partito d’Azione” uno studio su “Il decentramento regionale”. Era il periodo in cui in Sicilia il movimento separatista otteneva sempre più consensi popolari.

«Nessuna regione italiana, – scriveva Jemolo – e meno che mai quelle periferiche, – riferendosi soprattutto alla Sicilia –  con cui più facilmente potrebbe balenare il desiderio di un’emancipazione dal potere centrale, hanno una completezza economica che consenta loro di essere sistemi chiusi, staccati con loro vantaggio dal resto della Nazione».

Il pensiero di Jemolo discordava con quello di Filippo Turati, leader del socialismo italiano, che nel 1919 aveva affermato che «la regione non è separatismo come fu ritenuta per tanti anni; ma la forza viva e vera della vita nazionale. La regione politica sarebbe la ricostruzione del potere centrale: sarebbe il controllo diretto e quindi l’interessamento e il soddisfacimento del cittadino nella cosa pubblica, gestita sotto i suoi occhi. […] Con l’autogoverno locale per tutto ciò che non è necessariamente cosa di Stato, la regione può salvare lo Stato se lo Stato si vuole salvare».

L’idea politica di Turati fu sostenuta dal caltagironese Luigi Sturzo, il fondatore del Partito Popolare Italiano (la futura Democrazia Cristiana). Con il Fascismo, non fu più possibile realizzare il progetto istituzionale delle regioni.

Il separatismo sconfitto dall’Autonomia siciliana

Nel frattempo, in Sicilia stava maturando un forte desiderio di autonomia che presto si sarebbe trasformato in un voler ritornare all’indipendenza. Infatti, il Popolo Siciliano, che da sempre (si ricordi il 1848) si considerava una Nazione a sé, cominciò in quegli anni a lottare, anche con le armi, per liberarsi da un’Italia che l’aveva colonizzata e impoverita.

Comizio di Concetto Gallo

Fu proprio per eliminare il rischio di una probabile vittoria dell’EVIS (Esercito Volontario per l’Indipendenza della Sicilia), e quindi di tutto il Popolo Siciliano, che si cercò di rimediare con un vero e proprio armistizio. Con il regio decreto legge del 18 marzo 1944 fu nominato un “Alto Commissario per la Sicilia” e istituita la “Consulta regionale” per preparare lo Statuto regionale siciliano.

Francesco Musotto fu il primo Alto Commissario. Era di Pollina (Palermo) e in questo suo incarico durò pochi mesi perché considerato troppo vicino alle idee dei separatisti siciliani. Al suo posto arrivò il democristiano Salvatore Aldisio, di Terranova di Sicilia (dal 1927 si chiamerà Gela). Per sconfiggere il separatismo fu concordato con Alcide De Gasperi (allora Presidente del Consiglio dei ministri del Regno d’Italia) e Luigi Sturzo la bozza per avviare l’autonomia siciliana.

Quella decisione di concedere l’autonomia alla Regione Siciliana, per i senatori firmatari che abbiamo menzionato all’inizio, fu un qualcosa di scandaloso e fu per questo che, nel 1991 e nel 1992, dopo quasi mezzo secolo, lo Statuto siciliano deveva essere assolutamente abrogato. Erano convinti che la Consulta regionale siciliana e l’Alto commissario Aldisio non avevano ricevuto alcun mandato popolare e che quindi non potevano considerarsi espressione della volontà della popolazione.

Lo Statuto siciliano fu firmato con il sangue dei Siciliani

Bisogna ricordare, però, a noi stessi e a quei Senatori che nel 1991 e nel 1992 firmarono quel progetto di legge costituzionale per far diventare la Sicilia una regionicchia, ancora più colonia italiana, che lo Statuto siciliano non fu voluto da Aldisio o dalla Consulta o da una scelta politica italiana. Fu, come si è detto, un vero armistizio fra il Popolo Siciliano in lotta armata contro le forze militari del Regno d’Italia. Quindi, possiamo benissimo considerare che quell’autonomia fu espressione piena della volontà dei Siciliani.

Perché, allora, si sarebbe dovuto eliminare l’autonomia della Sicilia? Sono stati gli stessi Senatori a ribadirlo: «La sollecitazione che sta alla base di questo nostro disegno di legge è quella di superare pretese di superiorità e complessi di inferiorità e di concepire di nuovo un patto di convivenza rinnovata per l’Italia tutta, per il Nord e per il Sud».

Capito come stanno veramente le cose? Temevano una Sicilia economicamente forte ed è per questo che volevano (e vogliono) togliere l’autonomia alla Sicilia, riunificarla all’Italia e impoverirla. Ma la cosa più incredibile fu che gli stessi Senatori sostenevano che «gli statuti speciali andranno riservati solo alle regioni che hanno diverse etniche da garantire e tutelare e che sono soggette ad accordi o trattati internazionali». E quali sarebbero state quelle regioni da mantenere speciali? Le regioni del Nord Italia, ovviamente! Valle d’Aosta, Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige dovevano mantenere la loro autonomia mentre alla Sicilia doveva essere tolta.

«Oggi, di fronte ad un fallimento così clamoroso – scrivevano nella parte finale del loro progetto di legge – dell’autonomia speciale siciliana del tutto ingiustificato, si deve procedere ad un azzeramento. […] E innanzitutto bisognerebbe che i siciliani onesti e intelligenti cominciassero a contarsi fra loro. Appunto come l’antico scrittore diceva agli schiavi: Se gli schiavi si contassero?».

I “Verdi – La Rete”, i veri nemici dell’Autonomia Siciliana

Leoluca Orlando, palermitano, responsabile politico nel 1991 del gruppo al Senato “Verdi – La Rete”, aveva dunque nel cuore di liberarsi dell’autonomia della Sicilia, della sua Sicilia. Voleva procedere a un azzeramento dello Statuto speciale siciliano. Pensava che i Siciliani lo avessero ascoltato e che sarebbero scesi in piazza a dire no all’autonomia. Non ci riuscì, anche perché la decima legislatura (con il disegno di legge presentato nell’ottobre 1991) finì il 22 aprile 1992 e la undicesima (con il disegno di legge presentato nel luglio 1992) il 14 aprile 1994. Infatti, con la fine di una legislatura decadono anche tutti i progetti di legge che non siano stati ancora approvati da entrambi i rami del Parlamento.

Ma dal 1991 a oggi i Siciliani onesti e intelligenti hanno cominciato a contarsi e il 2 giugno 2020 hanno protestato a Palermo a difesa dello Statuto siciliano e per dire no anche a Nello Musumeci, colui che sta governando, pro tempore, la Sicilia per conto della Lega di Matteo Salvini.

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