Sicilia indipendente. Frammenti di memoria
Sicilia indipendente.
I Siciliani vogliono decidere
in autonomia il proprio destino.
di Alberto Micalizzi ©
Dal libro “Frammenti di memoria. Il Movimento per l’Indipendenza della Sicilia a Riposto, tra Facismo, Alleati e Repubblica. Uomini, immagini, testi” di Alberto Micalizzi (pp. 77-81).
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Sicilia indipendente. L’esplosione indipendentista nell’Isola all’indomani dello sbarco alleato non costituì una inattesa fase della storia siciliana, spesso segnata da tentativi di conquista dell’autonomia, talvolta sfociati nel sangue.
Aspirazioni all’indipendenza si erano già susseguite nella prima metà dell’Ottocento e soprattutto dopo l’unità d’Italia, durante le due rivolte che scoppiarono nel capoluogo siciliano, quando il separatismo emerse come necessaria soluzione all’invadente oppressione piemontese.
Nel 1862 Palermo si infiammò a causa delle pessime condizioni economiche in cui versavano le classi meno abbienti. Oltre duemila palermitani furono arrestati, mentre tanti altri, oppressi dallo stato d’assedio imposto dal governo, cercarono asilo presso le rappresentanze diplomatiche straniere.
Una Sicilia indipendente agli inizi del Novecento
L’idea di una Sicilia indipendente riemerse nel 1920 quando nel capoluogo siciliano i palermitani trovarono affisso un programma del “Comitato permanente degli Isolani” volto a denunciare il secolare servaggio dell’Isola agli interessi accentratori del Nord.
Il documento costituiva un atto di accusa contro la politica governativa, rea di aver aiutato soltanto l’industria settentrionale e oppresso, sotto il profilo sociale, i siciliani:
«se nasceste servi rassegnatevi a servire. Ma se uomini liberi, preparate l’animo degli avvenimenti che maturano, secondate il nostro movimento, fatevi apostoli della nostra fede. E allora la Sicilia sarà dei Siciliani!».
Il manifesto era stato elaborato da Lucio Tasca Bordonaro che, sul giornale “Sicilia Nuova”, si scagliò contro ogni ipotesi di riorganizzazione amministrativa che si limitasse al solo decentramento locale.
Dopo la presa del potere di Mussolini e i moti scoppiati a Messina nel 1923 (causati, tra l’altro, dall’arresto del deputato Lombardo Pellegrino), si spensero i dibattiti a favore della separazione dell’isola dall’Italia, anche se nuclei che si richiamavano all’idea di una Sicilia indipendente rimasero comunque in uno stato latente, trasformandosi talvolta in circoli culturali per meglio occultarsi ai controlli degli organi di polizia. È il caso, ad esempio, del movimento detto del “soldino”, costituito da universitari siciliani nel 1936.
Nel dopoguerra si pensò a una Sicilia indipendente
La crisi economica e sociale che toccò l’apice in Sicilia con l’invasione alleata nel luglio 1943 rinfocolò l’idea che era arrivata l’ora di affrontare e abbattere il disinteresse della classe politica nazionale nei confronti dei secolari problemi dell’Isola, alla quale erano state sottratte, durante il regime fascista, preziose risorse finanziarie ed investimenti infrastrutturali per perseguire il sogno coloniale in Africa ed alimentare ulteriormente l’industrializzazione delle regioni settentrionali.
La continua marginalizzazione andava infatti di pari passo con le scelte di una classe politica che preferiva gestire le relazioni clientelari ed alimentare i rapporti con le consorterie mafiose piuttosto che impegnarsi in un risanamento della gracile struttura politica siciliana, bisognosa di sostegno per la propria produzione agricola.
Si diffuse quindi nella popolazione il convincimento che l’Isola era stata sottoposta ad un regime di sfruttamento e che tale regime doveva essere abbattuto con qualsiasi mezzo. La volontà di decidere in autonomia dei propri destini trovava peraltro origine nella crisi istituzionale nata all’indomani dal fascismo, che aveva portato a ritenere sciolto il patto d’unione con il resto d’Italia e con la monarchia.
La maggioranza dei siciliani riteneva quindi che la caduta del regime di Mussolini, accettato nel 1922 più per l’atavica subordinazione al potere costituito che per convincimento profondo, doveva costituire un elemento di rigenerazione non soltanto delle classi al potere, ma dell’intera struttura statale.
Il discorso di Attilio Castrogiovanni sulla Sicilia indipendente
Chiarificatore di questo stato d’animo è il discorso che Attilio Castrogiovanni, tra i più significativi rappresentanti dell’indipendentismo isolano, pronunciò a Sala d’Ercole (il luogo nel quale si riuniscono dal 1947 i deputati dell’Assemblea Regionale Siciliana) il 16 febbraio 1951, nella fase di aperto e irrimediabile declino del Movimento di cui faceva parte:
«Se a causa di un marito ubriacone, bruto, violento, pervertito, la moglie è costretta, pur essendo una santa donna, a presentare istanza di separazione al tribunale, chi è il separatista? La moglie, che ha presentato l’istanza di separazione o il marito che ha dato luogo alla separazione? Moralmente e politicamente i separatisti sono a Roma!».
Castrogiovanni, nato a Linguaglossa nel 1908, fu uno dei maggiori rappresentanti dell’ala più estrema del Movimento che si riconobbe sotto la bandiera con l’effigie della Trinacria tanto da contribuire alla fondazione dell’Esercito Volontario per l’Indipendenza della Sicilia (EVIS) quale strumento per l’autodeterminazione dell’Isola attraverso la lotta armata.
Nei mesi antecedenti allo sbarco degli Alleati in Sicilia, a Palermo si fece portatore delle istanze separatiste Andrea Finocchiaro Aprile, uomo di elevato spessore politico e culturale, strettamente collegato nonché amico di alcuni esponenti di spicco dell’area sicilianista che si andava a coagulare in Sicilia agli inizi del 1940.
Il giorno successivo all’arrivo degli americani a Palermo, Finocchiaro Aprile, quale presidente del “Comitato per l’Indipendenza della Sicilia” e con una quarantina di personalità del mondo imprenditoriale e della cultura, fece diffondere un manifesto in cui rivendicava il diritto dell’Isola a Stato sovrano, libero, indipendente e repubblicano.
Andrea Finocchiaro Aprile e il Movimento per l’Indipendenza della Sicilia
Ben presto Finocchiaro Aprile riuscì a riunire, sotto la propria figura, anche il gruppo che si era costituito autonomamente a Catania sotto la guida del prof. Santi Rindone, stimatissimo medico chirurgo e titolare dell’omonima clinica. Il gruppo catanese era irrobustito da molte personalità della provincia, tra cui il dott. Salvatore Vecchio.
Le due anime dell’indipendentismo si erano sviluppate a Palermo e a Catania l’una all’insaputa dell’altra, tanto che lo stesso Castrogiovanni ricorderà come gli indipendentisti della costa orientale dell’isola non sapevano che esistesse «Finocchiaro Aprile e solo successivamente apprendemmo che era a capo delle rivendicazioni isolane a Salerno».
Il programma di Finocchiaro Aprile, caratterizzato da un certo tatticismo dovuto alla fluidità del momento politico e dalla necessità di mediare tra le diverse componenti del Movimento, prevedeva la creazione di una repubblica siciliana confederata con altri Stati della Penisola. In campo economico, la proposta indipendentista si basava invece sull’industrializzazione dell’Isola e la realizzazione di una riforma agraria basata sulla cooperazione contadina e sovvenzionata dallo Stato.
Il 9 dicembre 1943 il comitato catanese assunse la denominazione di “Movimento per l’Indipendenza della Sicilia”, già utilizzato dal gruppo palermitano fin dalla sua origine. Ben presto il MIS si dotò di una Lega Giovanile Separatista (LGS) che, nata con finalità di forza protettiva delle strutture e degli uomini dell’indipendentismo, raccolse, tra le sue fila, molti giovani che aderirono successivamente all’EVIS di Antonio Canepa e di Concetto Gallo.
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