Pergusa, chiamato anche lago di sangue

Pergusa, chiamato anche lago di sangue

Pergusa era chiamato il “lago di sangue”

Il fenomeno delle acque rosse sbalordì
Aristotele e il prof. Ramiro Fabiani
e quando succedeva si pensava
a una punizione divina e a un cattivo auspicio

di Angelo Severino ©
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PERGUSA, non avendo emissari ma solo dei minuscoli immissari attivi come collettori delle piogge, sarebbe, facendo riferimento a quanto scriveva nel 1896 il prof. Olinto Marinelli, l’unico lago chiuso o interno d’Italia. Gli altri laghi privi di emissario superficiale, come anche i carsici, normalmente si scaricano, infatti, per uscita sotterranea.

Il lago ennese è situato ai piedi del monte Carangiaro, a un’altezza di 667 metri sul livello del mare, e anticamente si trovava nel mezzo di una fitta foresta; quasi certamente ebbe origine per l’erosione del territorio formato in gran parte di sale, gesso e calcare. Su Pergusa scrissero Ovidio nel I secolo d.C. nelle sue «Metamorfosi» e Claudiano nel IV secolo d.C. ne «Il ratto di Proserpina», definendolo come un lago di «chiare acque profonde, cinto alle rive da ombrose selve».

Nel secolo passato il lago di Pergusa era diventato meta estiva di villeggiatura scelta dalle famiglie più agiate e nobili dell’antica Castrogiovanni che vi trascorrevano anche gran parte del periodo invernale per sottrarsi al clima rigido della città. Gli studiosi raccontano che a Pergusa non sono mai stati visti dei pesci,a causa dell’eccessivo calore e dalle emanazioni mefitiche, ma che le sue acque di colore verde chiaro sono sempre state piene di una prodigiosa quantità di serpenti e questo non si chiarirebbe altrimenti se non con la vita anfibia che alcuni di essi possono avervi condotto, sempre conservando una respirazione polmonare. La loro presenza considerevole a Pergusa avrebbe dato origine al mito dei serpenti attaccati al carro di Cerere che rincorre la rapita Proserpina fino ai piedi dell’Etna.

Il lago cominciò a ridursi fin dagli anni compresi fra il 1860 al 1867 e, secondo quando testimoniò pure il barone Castagna, allora proprietario del lago, la sua profondità si ridusse fino a circa tre metri registrando un aumento contemporaneo della salsedine nell’acqua. Anche se l’abbassamento fu causato dalla diminuita piovosità su tutta la Sicilia, che iniziò dall’epoca araba in poi, tuttavia esistono testimonianze della gente del luogo che ha riferito come il livello sarebbe calato specialmente dopo il grande terremoto di Messina del 1908.

Sull’origine della salinità delle acque pergusine non abbiamo potuto raccogliere finora elementi sufficienti per un’ipotesi che ci sembrano attendibili, ma va ricordato che a una certa profondità esistono depositi di formazioni gessoso-solfifere e che nella massa argillosa sottostante si trovano spesso cristalli di salgemma. La salinità delle acque deve naturalmente essersi accentrata nei primi decenni del 1900, con la riduzione dello specchio d’acqua e conseguente concentrazione.

Come una delle più interessanti zone umide del Mediterraneo, Pergusa rivestiva una particolare importanza anche per le popolazioni di volatili, particolarmente della specie migratrice, e il lago era abitualmente frequentato da numerosi uccelli acquatici come le folaghe, anatre, aironi e sul lato occidentale presentava sulla sponda una fascia di canneto, in gran parte soggetta a impaludamento durante il periodo piovoso, coperta da fitta macchia nella quale predominava il giunco.

Il ritirarsi nel tempo delle acque ha comportato l’allontanamento della riva rispetto al canneto che delimita il lago e quindi l’impossibilità della nidificazione per le specie come il moriglione, l’alzavola, la marzaiola, il tuffetto, la folaga, la gallinella d’acqua. Ciò nonostante, al lago di Pergusa sono state osservate complessivamente 104 specie di uccelli, di cui 58 acquatiche che rappresentano circa il 35 per cento di tutte le varietà acquatiche riscontrate in Sicilia.

PERGUSA, IL LAGO DI SANGUE

Il patrimonio naturale del lago, dunque, era davvero notevole e i volatili costituivano sicuramente l’aspetto più qualificante e appariscente di tutto l’ecosistema di Pergusa, oltre al rarissimo fenomeno delle sue acque rosse che tanto impressionò i nostri antenati fino al punto di definirlo “Lago di sangue”.

Pergusa lago di sangue

Questo particolare fenomeno di arrossamento delle acque costituì anche uno dei tanti motivi per cui Pergusa fu costituita una zona di protezione speciale (ZPS) e sottoposta alle norme europee sulla valutazione dell’impatto ambientale (VIA), particolarmente ai sensi delle direttive 79/409/CEE, 85/337/CEE e 92/43/CEE.

Ma quali erano le cause biologiche insolite e repentine che trasformavano di tanto in tanto il lago di Pergusa in un “Lago di sangue”? Se lo chiese anche il prof. Ramiro Fabiani che nei giorni 16 e 17 settembre del 1932 si trovava sul posto come spettatore meravigliato del raro fenomeno, tanto che desiderò riprodurlo in tricromia valendosi di un acquerello. «Ho visto il lago di Pergusa. La sua acqua appariva – scrisse nel suo diario – violacea rosso rame che, sotto a un cielo azzurro, dava effetti meravigliosi. Ho cercato di raccogliere quella specie di schiuma».

Non essendo potuto entrare nel lago se non da un lato, il professore non poté raccogliere che una fetida poltiglia respinta a riva e ravvolgerla poi in carta oleata. Tale odore, da principio non molto intenso, era in prevalenza dovuto all’idrogeno solforato. Arrivato questo fango ancora umido nei laboratori di analisi a Verona, avvolto come si trovava nell’involucro impermeabile, sviluppava ancora almeno in parte i gas solfidrici, ma non è escluso che avesse subito già qualche ulteriore processo di decomposizione organica così che, appena aperto il pacchetto, tramandava una tale puzza da provocare un senso di nausea solamente a starci accanto.

Sulla carta impermeabile poi fu fatta passare una corrente d’aria che durò oltre a una settimana prima di disseccarsi del tutto. Da quelle chiazze gelatinose, scure di sotto e rosso violaceo di sopra, il Fabiani prelevò altri campioni su cui eseguì subito un esame preventivo e da questo capì che si trattava quasi esclusivamente di batteri da acque solforose e che si era davanti a un fenomeno ben conosciuto fin dall’antichità e in ogni parte del mondo.

Tuttavia, da più accurate ricerche, eseguite alcuni giorni dopo sulla poltiglia ancora umida, si rese conto che in prevalenza la torbida era formata da “thiopolycoccus ruber”, almeno per quanto riguardava quel campione raccolto a riva spintovi dal vento. Scoprì inoltre che a Pergusa vi erano almeno due tipi differenti di torbida: quella raccolta a riva e quella presente nella parte centrale del lago, formata da “thiopedia rosea” e forse anche da “lamprocystis roseo persicinia”, la più frequente batteriacea dello zolfo.

«Non c’è del resto da meravigliarsi – precisò il prof. Fabiani – perché si tratta di microrganismi della miscela di più di una specie in un ambiente che consente a entrambi di svilupparsi. Tutti servono alla circolazione biologica anaerobia dello zolfo qui esalato per scomposizione dei solfati che provengono dagli strati sotterranei».

PERGUSA, ROSSO SANGUE COME IL NILO AI TEMPI DI MOSÈ

Il fenomeno delle acque rosse del lago di Pergusa (come si vede in una foto trovata in internet) sbalordì molto Aristotele e Plinio che nel 208 a.C. aveva osservato come la stessa colorazione sanguigna era presente anche nel lago di Bolsena. Ma quello che oggi ci stupisce di più è come gli studiosi dei secoli passati paragonavano il fenomeno dell’arrossamento delle acque di Pergusa con quanto era successo nel Nilo al tempo di Mosè. Secondo la narrazione biblica, durante la prima piaga d’Egitto, Aronne con un bastone percosse l’acqua del Nilo e questa si convertì immediatamente in sangue.

Rendendolo simile al fiume egiziano, Pergusa fu così soprannominato «Lago di sangue» e quando l’evento dell’arrossamento delle sue acque si ripeteva, circa ogni dieci-quindici anni, la popolazione pensava subito a una punizione divina tanto che il fenomeno era temuto e considerato di cattivo auspicio.

Ma al di là delle leggende popolari, diventava uno spettacolo vera-mente stupendo l’osservare, fino a pochi anni addietro, il prodigio della colorazione in viola rosso rame dell’acqua di Pergusa che, sotto a un cielo azzurro, dava effetti meravigliosi e incantò così tanto il prof. Ramiro Fabiani fino al punto che, come abbiamo ricordato, realizzò un acquerello in tricromia e scrisse un diario a tal proposito.

Lago di Pergusa nel 1962

Il complesso ecosistema di Pergusa, per ritornare ai suoi antichi fasti, ha bisogno sì di opere idrauliche urgenti ma che siano eseguite in modo tale da non alterare o, peggio ancora, distruggere il delicato equilibrio dell’habitat. Oggi è eletta a «Zona a Protezione Speciale», sottoposta alle direttive europee sulla valutazione dell’impatto ambientale con lo scopo di non far disperdere il notevole patrimonio naturale del lago, dove i volatili selvatici costituivano e potrebbero ancora rappresentare l’aspetto più rilevante di tutto il suo ecosistema.

Non va inoltre dimenticato il rarissimo fenomeno delle acque rosse che impressionò tanto gli antichi. In tempi più recenti si è cominciato ad assistere a un lento ridursi delle acque nel bacino pergusino, con l’evidente difficoltà degli uccelli migratori a nidificarvi, e alla scomparsa di quell’antico fenomeno di arrossamento. Le cause del progressivo peggioramento del lago sarebbero parecchie e alcune dovute per il disinteresse dell’uomo.

Vi furono due proposte di legge presentate nel maggio e nel settembre del 1996 dai deputati nazionali Corleone e Cascio, mai discusse in Parlamento fino a oggi, al fine di predisporre validi progetti di rinaturalizzazione e di ingegneria naturalistica per il recupero e la salvaguardia del lago di Pergusa. Il susseguirsi degli «attentati al lago», come ebbe a definirli Corleone nel suo intervento alla Camera dei Deputati, inizia nel lontano 1917 quando Pergusa viene inclusa nei piani delle bonifiche idrauliche.

Negli anni Sessanta il lago è poi riconosciuto soggetto a «endemia malarica» e, infine, nel 1975 il consorzio di bonifica inizia un progetto di «bonifica» vero e proprio. Per evitare la strada del «fai da te», come purtroppo è recentemente accaduto, quelle due proposte di legge miravano, attraverso il ministro dell’ambiente d’intesa con la Regione Siciliana, a predisporre un provvedimento straordinario per il risanamento di Pergusa «attraverso la consulenza di esperti, studiosi e tecnici di chiara fama in materia di scienze geologiche, idrauliche, biologiche e limnologiche oltre a stipulare apposite convenzioni con il Consiglio nazionale delle ricerche».

Leggi l’articolo originale di Angelo Severino pubblicato su EnnaOnLine

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