Sicilia colonia italiana. Grazie Garibaldi!
Partirono da Genova e ridussero
la Sicilia in colonia italiana.
di Giuseppe Scianò ©
Coordinatore Centro Studi “Andrea Finocchiaro Aprile”
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Il 5 maggio del 1860 partì da Genova quella spedizione cosiddetta “dei Mille” che, comandata da Giuseppe Garibaldi, diede inizio alla conquista e alla riduzione in colonia della Sicilia. In occasione della ricorrenza dell’anniversario di quella partenza, anche quest’anno la macchina della mitologia risorgimentalista sarà rimessa in moto.
Partirà nonostante il fatto che siano trascorsi ben oltre 150 anni dall’evento e nonostante il fatto che quella parte del mito, che attiene in modo specifico alla conquista e alla riduzione in colonia della Sicilia, sia stata, soprattutto negli ultimi anni, smentita e smontata. Talvolta anche da esponenti della cultura ufficiale italiana.
Ci sembra doveroso, comunque, fare ora qualche sintetica considerazione a tal proposito:
Nella notte fra il 5 e il 6 maggio del 1860 erano stati messi a disposizione dell’eroe nizzardo, nel porto di Genova, due grossi piroscafi, il “Lombardo” e il “Piemonte”, già acquistati e pagati profumatamente alla Compagnia Rubattino dal Governo Sabaudo (Primo Ministro Camillo Benso, conte di Cavour). Il tutto, in esecuzione delle direttive del Governo di Londra, (nel cui libro-paga non mancavano i nominativi di molti famosi “Padri della Patria” italiani), che voleva, fra l’altro, che i due piroscafi fossero stati conquistati dai Garibaldini con un abile e audace colpo di mano.
La messinscena fu recitata malissimo e con estrema lentezza. Ma andò bene lo stesso, perché… tutto doveva fare brodo. Ieri come oggi. E perché la polizia portuale sabauda aveva già fatto terra bruciata in tutta l’area del porto di Genova affinché nessun testimone scomodo potesse assistere alla sceneggiata con la quale aveva avuto inizio la primissima fase dell’operazione della conquista del Regno delle Due Sicilie.
La strombazzata consegna del silenzio e quella del segreto, alle quali fa riferimento la cultura ufficiale, furono, tuttavia, ampiamente violate perché migliaia di persone assistettero alla partenza dei Mille da Quarto e perché, sin dal primo momento, a bordo dei due piroscafi, venne imposto un solo slogan: «Italia e Vittorio Emanuele». La tragi-commedia avrebbe avuto alcune code programmate sempre dai vertici britannici.
L’ammiraglio sabaudo Persano ebbe, infatti, dal Cavour (e di persona e per iscritto) l’ordine di scortare i due piroscafi garibaldini. Ovviamente, però, doveva far finta di inseguirli senza mai acciuffarli. A debita distanza e con maggiore professionalità, alcune navi da guerra britanniche avrebbero, a loro volta, seguito sia i due piroscafi che le navi della flotta sabauda comandata dal Persano.
Al Cavour e al re Vittorio Emanuele II fu affidato, invece, il compito di recitare la parte delle autorità istituzionali sorprese e indignate per l’atto di pirateria subìto e contro il quale si minacciavano, a parole, vendette e punizioni. Ma, nonostante la faccia tosta e l’abitudine alla menzogna, i due “Padri della Patria” risultarono niente affatto credibili.
È appena il caso di precisare che, su 1078 partenti, soltanto una trentina erano Siciliani e ancora di meno erano i Napoletani. La massa dei partenti italiani erano tutti Padani, o quasi.
La ricorrenza, pertanto, è un’occasione, per il Centro Studi “Andrea Finocchiaro Aprile” per rivendicare, come diritto fondamentale del Popolo Siciliano, il diritto alla verità, soprattutto sulle vicende della conquista della Sicilia e della sua riduzione in colonia interna dello Stato italiano. E per denunziare, ancora una volta, le conseguenze disastrose che ancora oggi ci affliggono. Una condizione coloniale, la nostra, che ci obbliga a lottare, senza sconti e senza compromessi, per la soluzione definitiva della “Questione Siciliana”.
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