La Triscele riproduce un’immagine geografica di Enna
La Triscele riproduce un’immagine geografica
di Enna e della Sicilia
[ Parte Seconda ]
di Liborio Centonze ©
Essendo la Triscele un geroglifico evoluto, la traduzione e la relativa escatologia simbolica, simile alla lingua egizia, corrispondono a questa interpretazione: «bisogna andare da ogni parte» (gambe dai piedi a forma di cerchio) «nella patria della dea delle messi» (le spighe scendono dal volto della Gorgona) «se non si vuole risvegliare l’ira di Cerere» (l’ira è rappresentata dalla divinità sottomessa a Cerere che rappresenta la punizione divina). Se i piedi formano invece un triangolo (la Sicilia con il volto al centro raffigurante l’ira ed Enna), siamo in una Triscele più recente V sec. a.C., per cui la traduzione sarà in questi termini: «bisogna andare ad Enna da Cerere per non suscitare la sua ira».
D’altronde, il mito traccia il carattere passionale e vendicativo della dea, tanto che Giove interverrà personalmente e intercederà affinché venga restituita a Cerere, dal fratello Plutone, Proserpina per sei mesi l’anno (primavera ed estate). L’estensione del culto di Cerere in ogni popolo del Mediterraneo e la collocazione di Enna come patria della spiritualità vennero tracciate dallo stesso Marco Tullio Cicerone: «Né solo i Siculi veneravano massimamente Cerere di Enna ma anche altre genti e altre nazioni … ».
La Cerere di Enna era quindi una divinità cosmica trasformata dai siculi in divinità terrena con tutti i peccati di una donna comune: ira, gelosia, sessualità prorompente ecc… La Triscele non fa altro che riprodurre un’immagine geografica di Enna e della Sicilia tracciando il culto della fertilità. La Gorgona si presenta con il viso terrificante e i capelli scompigliati; le tre gambe, disposte in forma triangolare, hanno alle punte Pachino, Peloro e Lilibeo, mentre il centro delle perpendicolari e il viso coincidono con Enna.
La Gorgona dall’alto della rupe vigilava sul tempio di Cerere e controllava i riti mofetici e la bocca del vulcano Etna da dove entrava e usciva Proserpina, rapita da Plutone. I culti, che i siculi vi praticarono, erano legati alla fertilità della terra e alla propiziazione di Plutone il quale rappresentava la potenza sessuale (come il toro per i cretesi) e le forze oscure della terra dei morti.
Nel territorio ennese vi è il lago di Pergusa, legato al culto di Cerere, dove avvenne il rapimento di Proserpina:
«Proserpina stava giocando con le solite e gioiose compagne, in un bosco di fragranze e di fiori nei pressi di Enna, quando Plutone aveva fatto sbocciare improvvisamente un magnifico narciso. Stupita e piacevolmente meravigliata, la divina fanciulla si apprestava a cogliere quel fiore quando la terra improvvisamente si spalancò e dalla voragine balzò Plutone, sul nero cocchio tirato dagli immortali cavalli».
«Il Re degli Inferi – a cui Giove, per rispetto fraterno non aveva potuto negare il permesso di rapimento – rapì l’indocile fanciulla piangente alla quale a nulla valsero strepiti e grida. Le sue invocazioni si rivolgevano invano a Giove suo padre, ma furono invece udite dal dio Sole. Quando Cerere le ascoltò, fu lacerata da un acuto tormento. Iniziò a cercare l’amata figlia disperatamente, ma nessuno né uomo né Nume voleva aiutarla».
«Nella sua veste oscura volò per mare e per terra, fino a quando – dopo nove giorni e nove notti – il grande dio Sole, “eterno occhio veggente”, non le svelò il nome del rapitore».
I nove giorni della ricerca di Proserpina, riportati nella religione cristiana, ricorrono nelle festività natalizie dell’ennese e vengono segnati col nome di Novene che precedono la natività di Gesù.
Parte 1 ⇐⇐⇐ La Triscele rappresenta una concezione cosmica
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[ Pubblicato su “EnnaOnLine” cartaceo di Maggio 2003 ]
[ Pubblicato su “L’Ora Siciliana” di Ottobre 2014 Scarica il pdf ]
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